Dott. Giorgio G. Cezza Medico-Chirurgo Specialista in Oftalmologia Dir. Sanitario del Day Hospital "Santa Lucia" Maglie (Lecce) - Italia |
Abstract
In questo articolo l’Autore illustra metodo e risultati del suo studio circa il ruolo del processo di immuno-mediazione nella genesi della cataratta.
Alla base della immuno-mediazione vi sono due eventi: il mimetismo molecolare (omologie di sequenza tra proteine del cristallino e proteine di diversi agenti patogeni) e la disfunzione del sistema P.N.E.I. (in particolare del sistema immunitario).
Nella sua ricerca, l’Autore ha studiato le omologie di sequenza tra le più importanti proteine del cristallino (alfa-cristallina, beta-cristallina, gamma-cristallina D, connessina 50, contessina 46, finlensina, phakinina e collagene tipo 4 alfa-3) e le proteine di diversi agenti patogeni innescanti (EBV, CMV, HVZ, Adenovirus, Parvovirus B19, Morbillo, Rosolia, HCV, HSV1, Sptreptococco Beta-emolitico, Helicobacter pylori, Candida albicans).
Sono state riscontrate omologie significative tra le proteine del cristallino e proteine di EBV, CMV, HVZ,Streptococco beta.-emolitico ed Helicobacter pylori.
Sono stati riscontrati alti livelli anticorpali specifici nel siero e tracce di IgG verso EBV e Helicobacter pylori nell’umore acqueo dei Pazienti con sclerosi del cristallino.
Nello studio sono stati seguiti 61 Pazienti (31 maschi e 30 femmine) con sclerosi cortico-nucleare del cristallino a diverso stadio fino alla cataratta, ai quali sono stati monitorati la densità del cristallino e l’andamento della immuno-mediazione (livelli di IgG sieriche specifiche per i diversi agenti patogeni).
I Pazienti hanno seguito sia terapia di immuno-regolazione mediante rimedi secondo i criteri di similitudine sintomatologica e/o molecolare (rimedi specifici e/o anti-recettori) in diluizione LM, sia terapia complementare per favorire la riparazione tessutale del cristallino (probiotici, vitamina D, alcalinizzanti, detossificanti).
Nei 4 anni della durata dello studio 45 Pazienti (circa il 74%) hanno mostrato una riduzione più o meno marcata della densità del cristallino, 13 Pazienti (circa il 21%) hanno mostrato una densità del cristallino stabile e solo in 3 Pazienti (circa il 5%) si è avuta una progressione della densità del cristallino.
Alla luce dei dati emersi in questo studio, l’Autore afferma che, contrariamente a quanto ritenuto fino ad oggi, è possibile invertire il processo di addensamento del cristallino che conduce alla cataratta, che anche la cataratta può essere curata e guarita e che è possibile ripristinare una buona funzione visiva senza rimuovere chirurgicamente il cristallino.
Introduzione
Il cristallino è una lente plastica (cioè in grado di modificare la sua forma), limpida, sospesa subito dietro il forame pupillare per mezzo delle fibre della zonula a loro volta collegate al muscolo ciliare.
La contrazione automatica del muscolo ciliare consente di modificare lo spessore del cristallino per mettere a fuoco le immagini di oggetti a diversa distanza sulla fovea della regione maculare della retina.
Il cristallino è costituito da diverse parti (vedi Figura 1): la capsula, la corticale o corteccia e il nucleo:
Figura 1 Struttura del cristallino
La trasparenza delle singole parti del cristallino e la sua elasticità, in particolare della sua porzione anteriore che si modifica nel processo di messa a fuoco, sono mantenute dalla attività metabolica delle cellule (fibre lenticolari) che lo compongono. L’energia necessaria per tale attività proviene dai nutrienti presenti nell’umore acqueo e nel quale il cristallino è immerso. La membrana basale della capsula anteriore del cristallino rappresenta la via di scambio con l’umore acqueo: attraverso di essa le cellule del cristallino assumono i nutrienti ed eliminano le scorie.
Quando, però, trasparenza ed elasticità non possono più essere mantenute in maniera adeguata dalle cellule del cristallino la densità delle sue parti aumenta progressivamente fino a rendere questa lente sempre più rigida e opaca: questa condizione finale viene chiamata cataratta (vedi Figura 2).
Figura 2 Occhio con cristallino catarattoso
La trasparenza delle singole parti del cristallino e la sua elasticità, in particolare della sua porzione anteriore che si modifica nel processo di messa a fuoco, sono mantenute dalla attività metabolica delle cellule (fibre lenticolari) che lo compongono.
L’energia necessaria per tale attività proviene dai nutrienti presenti nell’umore acqueo e nel quale il cristallino è immerso. La membrana basale della capsula anteriore del cristallino rappresenta la via di scambio con l’umore acqueo: attraverso di essa le cellule del cristallino assumono i nutrienti ed eliminano le scorie.
Tra la condizione di cristallino normale e quella di cristallino opaco e rigido vi è una serie di stadi intermedi di evoluzione progressiva di un unico processo di addensamento.
La cataratta è una patologia assai frequente: in Italia la sua incidenza è circa del 60% nei soggetti oltre i 65 anni di età e supera il 90% nei soggetti di età superiore ai 75 anni.
Il progressivo addensamento con la conseguente progressiva riduzione della elasticità del cristallino comporta la comparsa di diversi sintomi visivi: difficoltà nella lettura da vicino, crescente offuscamento e annebbiamento visivo, progressiva diminuzione dell’acutezza visiva per lontano, progressiva riduzione della sensibilità al contrasto e cromatica, fotofobia, diplopia.
Comunemente il processo della catarattogenesi viene ritenuto irreversibile e la cataratta inguaribile con trattamenti medici: inevitabilmente si deve ricorrere all’intervento chirurgico di estrazione del cristallino catarattoso e la sua sostituzione con un cristallino artificiale.
Nel mio studio ho voluto cercare una nuova strada per la cura dell’addensamento del cristallino, applicando anche alla cataratta il modello generativo di malattia cronica collegato alla immuno-mediazione e cercare così di evitare la via chirurgica fino ad oggi indicata come l’unica percorribile nella cura dei Pazienti catarattosi.
Sintesi del processo della immuno-mediazione
Il sistema complesso Psico-Neuro-Endocrino-Immunitario (P.N.E.I.), è in grado di:
- Mantenere l’integrità e l’unità della Persona per tutta la durata della vita (stimata in 140-150 anni, e la popolazione Hunza dell’Hymalaya ne è una dimostrazione vivente!);
- Consentire il corretto funzionamento di tutti gli organi e apparati che compongono il corpo umano;
- Riconoscere e distinguere le componenti proprie da quelle estranee;
- Eseguire una continua manutenzione dei vari organi e apparati;
- Riparare i danni che subisce l’organismo dalle aggressioni che provengono sia dall’esterno che dal suo interno (mediante i diversi fattori di crescita, le cellule staminali e quelle immunitarie, attivate dal processo della ri-programmazione cellulare studiato dai Premi Nobel John Gurdon e Shinya Yamanaka)
Quando, però, anche uno solo dei quattro sotto-sistemi che compongono il sistema complesso PNEI non funziona più bene si generano le malattie.
Il percorso generativo delle diverse malattie croniche (immuno-mediato) è il seguente:
- innesco ad opera di un agente patogeno;
- malattia primaria acuta (reazione del sistema immunitario);
- fase di latenza (caratterizzata da disturbi funzionali) indotta dalla perturbazione del sistema P.N.E.I.;
- malattia secondaria cronica (risultato della disfunzione del sistema P.N.E.I.);
Il supporto biomolecolare-immunitario che è alla base del percorso patogenetico delle diverse malattie croniche è sintetizzato nel modo seguente:
- Esiste una certa somiglianza tra proteine di agenti patogeni e proteine umane;
- Questa somiglianza, conosciuta come “mimetismo molecolare”, è stata evidenziata dalla analisi delle omologie di sequenza;
- Anticorpi specifici (soprattutto IgG) prodotti contro proteine di agenti patogeni possono “disturbare” le diverse proteine umane (recettori cellulari, enzimi, ormoni, strutture sub-cellulari, molecole di adesione, proteine istoniche, proteine “sentinella”, ecc.) a seconda della loro omologia di sequenza;
- Il “disturbo” continuo e crescente provoca nel tempo dapprima i cosiddetti “disturbi funzionali” e in seguito porta al danno vero e proprio degli organi disturbati e quindi alla malattia cronica conclamata.
Nell’ambito del sistema complesso PNEI, il sistema immunitario rappresenta il “braccio operativo” dell’intera catena: esso riceve i segnali disfunzionali provenienti dai sistemi psico-neuro-endocrino e li traduce in azioni biologiche dannose. Pertanto esso riveste un ruolo molto importante in questo percorso perché, quando è stato reso disfunzionale per effetto di una lunga serie di azioni e comportamenti sbagliati (interferenze durante l’evoluzione gestazionale e durante il travaglio-parto-nascita, scarso allattamento al seno, vaccinazioni, uso non sempre appropriato di farmaci, interventi chirurgici, stili di vita scorretti, stati mentali negativi, inquinanti ambientali, ecc.), reagisce in maniera irregolare e disordinata agli attacchi da parte dei vari agenti patogeni.
Uno dei modi con cui si manifesta la disfunzione del sistema immunitario è quella di continuare a produrre anticorpi IgG anche quando l’attacco degli agenti patogeni è cessato, come se persistesse lo stimolo antigenico.
Per il fenomeno biologico del “mimetismo molecolare” si è visto che (3) le proteine degli agenti patogeni biologici hanno omologie di sequenza con le proteine umane. Per questo motivo accade che le IgG, prodotte dai linfociti in risposta allo stimolo operato dai diversi agenti patogeni, vadano a “disturbare” anche quelle proteine umane con le quali possiedono anche parziali omologie di sequenza.
Questo fenomeno di immuno-mediazione è correlato al sistema HLA, per cui, ad esempio, se è presente l’aplotipo DQ2 o DQ8 l’azione disturbante di questi anticorpi sugli enterociti viene facilitata e consente la alterazione della selettività della mucosa intestinale con conseguente passaggio delle proteine del glutine dal lume intestinale nella sottomucosa, innescando la successiva reazione infiammatoria del tessuto linfoide associato alla mucosa e la manifestazione del malattia celiaca.
Metodologia applicata allo studi
In questo studio ho seguito il seguente metodo:
- Ricerca delle omologie di sequenza significative tra le principali proteine strutturali del cristallino e le proteine strutturali degli agenti patogeni più comuni;
- Individuazione della correlazione tra cataratta e sistema HLA;
- Monitoraggio dei parametri oculari collegati alla progressione dell’addensamento del cristallino: densitometria e acutezza visiva;
- Analisi di laboratorio per la ricerca ed il monitoraggio dei titoli anticorpali specifici degli agenti patogeni innescanti studiati;
- Elaborazione di adeguata strategia terapeutica di immuno-regolazione;
- Analisi e valutazione dei risultati ottenuti.
Ricerca delle omologie di sequenza
Per la ricerca delle omologie di sequenza tra proteine ho attinto le sequenze aminoacidiche dal database del National Center for Biotechnology Information di Bethesda MD USA (N.C.B.I.) (http://www.ncbi.nlm.njh.gov).
Per l’allineamento delle sequenze proteiche ho utilizzato lo strumento informatico denominato B.L.A.S.T. (Basic Local Alignment Search Tool) disponibile sul sito del N.C.B.I..
Ho preso in considerazione solo le omologie di sequenza che raggiungevano un livello di significatività tale da consentire la immuno-mediazione (cioè la possibilità di interferenza tra anticorpi e proteine del cristallino): più precisamente un valore atteso <1 (expect value <1), una omologia di almeno 5 aminoacidi su 10 consecutivi e, se presente, una copertura di almeno il 50% della sequenza confrontata (coverage >50%) (quest’ultima evenienza è poco frequente).
Si tenga presente che un valore atteso pari a “0” (e.value = 0) indica identità totale tra due sequenze proteiche.
Ho preso in esame le sequenze aminoacidiche delle seguenti proteine strutturali del cristallino:
- Alpha-cristallina (173 aminoacidi): contribuisce al mantenimento della trasparenza e del normale indice di refrazione del cristallino; è simile alla classe delle HSP20 (HSP-Beta4);
- Beta-cristallina (205 aminoacidi): proteina strutturale del cristallino;
- Gamma-cristallina D (174 aminoacidi): proteina strutturale del cristallino;
- Connessina 50 (433 aminoacidi): nota anche come proteina gap-junction alfa-8, è una proteina di giunzione specifica delle fibre del cristallino;
- Connessina 46 (435 aminoacidi): nota anche come proteina gap-junction alfa-3, è una proteina di giunzione specifica delle fibre del cristallino;
- Filensina (665 aminoacidi): proteina del citoscheletro delle fibre del cristallino;
- Phakinina (415 aminoacidi): proteina coinvolta nella stabilizzazione del citoscheletro delle fibre del cristallino;
- Collagene tipo IV alpha-3 (1670 aminoacidi): proteina strutturale della membrana basale della capsula anteriore del cristallino.
Ho confrontato mediante allineamento le proteine del cristallino con diverse proteine degli agenti patogeni più comuni (virus, batteri e miceti).
Nella Tabella I seguente sono riportate le omologie complessive che ho riscontrato tra proteine del cristallino e proteine di quegli agenti patogeni che hanno mostrato il maggior numero di omologie significative:
Tabella I. Numero di omologie complessive riscontrate tra proteine del cristallino e proteine di agenti patogeni con maggiore significatività.
Correlazione cataratta - HLA
Ho esaminato la tipizzazione genomica della classe 2 del sistema HLA di 83 pazienti con addensamento cortico-nucleare del cristallino in diversi stadi evolutivi (dalla semplice sclerosi alla cataratta conclamata) ed ho considerato come significativa la presenza di analoghi alleli in almeno la metà dei soggetti esaminati.
I risultati sono riportati nella tabella II:
Tabella II: Pazienti e % con stessi alleli HLA
Dai risultati da me osservati, sembra che l’aplotipo HLA DQ7 associato a DRB1*11 sia quello maggiormente correlato alla predisposizione all’insorgenza della cataratta in presenza di anticorpi IgG prodotti verso gli agenti patogeni innescanti sopraelencati.
Parametri oculari collegati alla densità del cristallino
Nel mio studio ho monitorato i seguenti due parametri oculari come indici collegati alla progressione dell’addensamento cortico-nucleare del cristallino:
- Acutezza visiva
- Densitometria capsulo-cortico-nucleare del cristallino
Per la misurazione dell’acutezza visiva ho utilizzato il proiettore di ottotipi di Snellen con distanza di proiezione di 3 metri. La misurazione viene fatta in decimi, considerando acutezza visiva normale 10/10.
Per la densitometria del cristallino ho utilizzato lo strumento Pentacam della Oculus (vedi Figura 3) con il programma di analisi che utilizza gli algoritmi di Scheimpflug.
Figura 3 Unità Pentacam
Fatta 0 la densità dell’acqua distillata, i valori normali di densità dell’umore acqueo sono 2-2,6, della capsula anteriore del cristallino 10-15, della corticale del cristallino 7-10, del nucleo del cristallino 5-6.
Nella Figura 4 4 si può osservare l’immagine densitometrica Scheimpflug tridimensionale tomografica di un cristallino normale visto di fronte e di profilo dove si apprezzano solo sporadiche aree della capsula anteriore appena visibili. La corticale ed il nucleo non sono stati rappresentati perché di densità normale.
Figura 4: Immagini densitometriche di cristallino normale, di fronte e di profilo
La Figura 5, invece, mostra le immagini densitometriche Scheimpflug tridimensionali tomografiche di un cristallino con cataratta cortico-nucleare di media intensità, visto di fronte e di profilo. In questo caso tutte le parti del cristallino hanno una densità superiore alla norma. Il software dell’unità Pentacam evidenzia con la colorazione nera quelle aree del cristallino dove è stata misurata una densità superiore alla norma.
Figura 5: Immagini densitometriche di cristallino con cataratta densa
Nella Figura 6 si può osservare un esempio di immagine Scheimpflug del cristallino catarattoso con a destra il grafico densitometrico delle sue componenti. In questo caso il valore numerico della densità della corticale anteriore è pari a 21,6.
Figura 6: Grafico densitometrico di cristallino con cataratta di media densità
Laboratoristica della immuno-mediazione nei Pazienti con cataratta
Per verificare la presenza nell’umore acqueo e nel cristallino catarattoso di anticorpi IgG specifici, prodotti cioè verso agenti patogeni innescanti, ho fatto analizzare il materiale aspirato nel corso dell’intervento di estrazione della cataratta mediante la facoemulsificazione con ultrasuoni. Il risultato, in effetti, conferma tale presenza anticorpale ed in particolare sono state evidenziate tracce di IgG verso EBV e Helicobacter pylori.
La presenza di IgG verso agenti patogeni nell’umore acqueo di Pazienti con malattie oculari (glaucoma, cataratta) è stata evidenziata anche da molti lavori scientifici (vedi in Bibliografia).
Tenuto conto che le IgG attraversano con difficoltà la barriera emato-oculare, la presenza anche di tracce di questi anticorpi nell’emulsificato di cristallino e umore acqueo dimostra che dal corpo ciliare (sede di produzione dell’umore acqueo) filtrano, insieme alle componenti normali dell’umore acqueo, anche gli anticorpi di classe G, sia pure in piccole quantità, i quali arrecano al cristallino quella azione disturbante continua che porta negli anni alla genesi della cataratta in relazione alla predisposizione HLA correlata.
Nello studio della immuno-mediazione di ogni singolo Paziente, ho inserito anche la ricerca ematica degli anticorpi verso quegli agenti patogeni che hanno maggiori omologie di sequenza con le proteine del cristallino, ed in effetti ho sempre potuto verificare in questi Pazienti tale presenza con titoli a volte anche molto alti.
In particolare, le IgG più frequenti sono risultate essere (in ordine decrescente) quelle verso EBV, Helicobacter pylori, CMV, HVZ, Adenovirus e Candida albicans.
Strategia terapeutica adottata
Al fine di contrastare il processo di immuno-mediazione, cioè per ridurre progressivamente l’azione disturbante degli anticorpi specifici nei confronti delle proteine del cristallino, ho prescritto ai Pazienti che presentavano sia iniziale sclerosi che conclamata opacizzazione del cristallino cicli di terapia di immuno-regolazione utilizzando rimedi secondo i criteri della similitudine sintomatologica (rimedi specifici indicati nella Materia Medica di Hahnemann) (bibliografia) e/o della similitudine molecolare (utilizzando gli anti-recettore monoclonali, cioè l’immagine interna degli agenti patogeni) (bibliografia) entrambi in diluizione LM (cinquanta millesimale).
La scelta dei rimedi veniva guidata in relazione al tipo e al titolo anticorpale presente in ogni singolo Paziente. Questo modo di agire conferma il concetto che la strategia terapeutica per guarire le malattie croniche deve essere “personalizzata”, e non si limita a combattere la singola malattia come se fosse una entità autonoma ma mira a rimuovere la “causa vera” che ha generato e alimenta la malattia stessa.
In particolare, per regolare la disfunzione delle classi di linfociti che producono in maniera anomala anticorpi verso EBV ho utilizzato, a seconda dei casi, Anti-CD 21, Anti-CD 25, Silicea, Graphites; in presenza di IgG Helicobacter pylori ho scelto tra Calcarea Carbonica, Anti-CD 15, Anti-CD 49D; in presenza di IgG CMV ho prescritto Anti-CD 13, Silicea, Ammonium Carbonicum; per IgG HVZ Thuya; per IgG Adenovirus Silicea, Anti-CD 46; per IgG Streptococco pyogenes Sulfur, Anti-CD 44; per IgG Candida albicans Anti-CD 11B.
Ogni ciclo di terapia copre 60 giorni: 20 giorni con la diluizione 06 LM, 20 giorni con la diluizione 018 LM e 20 giorni con la diluizione 030 LM (fiale in sequenza diluite in mezzo bicchiere di acqua e sorseggiate lentamente, lontano dai pasti).
In questo modo il “segnale terapeutico” dei rimedi assunti, veicolato dalle oscillazioni del campo elettro-magnetico dei domini di coerenza di fase dell’acqua, viene captato dalle terminazioni nervose della mucosa orale e inviato lungo le catene di neuroni fino alle stazioni linfonodali o ai tessuti linfoidi associati alle mucose dove vengono ricevuti e tradotti dai soli linfociti “sintonizzati” con ogni specifica “frequenza”. In questo modo i linfociti disfunzionali vengono stimolati a regolare la loro funzione e comportarsi in maniera sempre più normale.
A questo proposito, i lavori di ricerca condotti fin dal 1985 da David Felten hanno dimostrato che esiste connessione diretta tra terminazioni nervose adrenergiche e peptidergiche e linfociti dei tessuti linfoidi (vedi Bibliografia).
Accanto alla terapia di immuno-regolazione, prescrivo anche rimedi che considero come “Terapia complementare”: probiotici, vitamina D, alcalinizzanti, detossificanti. In questo modo rimuovo quelle condizioni che mantengono la disfunzione immunitaria e ostacolano i processi riparativi: insufficienza di vitamina D, acidità cellulare e della matrice intercellulare, disbiosi intestinale, presenza di metalli pesanti (mercurio, alluminio, ecc.) e tossine, alterazioni elettrolitiche, ecc.
Risultati ottenuti
In questo studio ho preso in esame 61 Pazienti (31 maschi e 30 femmine) di età compresa tra 53 e 89 anni (uno solo di questi Pazienti ha 23 anni), nel periodo che va dal gennaio 2009 al gennaio 2013.
Nella tabella seguente riporto i risultati complessivi ottenuti:
Nella figura 7 viene mostrata l’immagine densitometrica tridimensionale tomografica di un cristallino molto denso prima e dopo la terapia di immuno-regolazione. Si può notare la notevole riduzione della densità sia della corticale posteriore che del nucleo e in parte anche della corticale anteriore.
Le aree non più colorate di nero sono quelle in cui è avvenuta la guarigione completa ed il ripristino di densità e elasticità normali.
Le aree colorate con fine punteggiatura sono quelle in cui la densità si è ridotta rispetto alla misurazione precedente.
Figura 7: Densitometria di cristallino molto denso prima e dopo terapia
Le misurazioni dei parametri oculari (acutezza visiva e densitometria), eseguite inizialmente ogni 6 mesi, mi hanno consentito di verificare che i valori della densità cortico-nucleare del cristallino variano molto lentamente, a differenza dell’acutezza visiva che varia in maniera relativamente più rapida. Pertanto, ritengo che la densitometria del cristallino sia utile eseguirla annualmente.
Il miglioramento del visus in presenza di lieve riduzione della densità è collegata al fatto che nel contesto di aree cristalliniche a densità omogenea, nel processo di riparazione, inizialmente si creano piccoli varchi meno densi che consentono il passaggio dei raggi luminosi verso la retina.
Inoltre, ho potuto constatare che l’azione disturbante delle IgG presenti nell’umore acqueo in cui è immerso il cristallino viene realizzata sempre dapprima nei confronti della corticale anteriore e solo successivamente nei confronti del nucleo e infine nella corticale posteriore. La spiegazione di questa sequenza temporale va ricercata nel fatto che le IgG penetrano nel cristallino attraverso i varchi della membrana basale situata a livello della capsula anteriore, varchi che vengono creati dagli stessi anticorpi disfunzionali. Del resto, la membrana basale costituisce la sede dello scambio metabolico messo in atto dal cristallino: attraverso la capsula anteriore le fibre del cristallino attingono i nutrienti ed eliminano le scorie. Ed è proprio per questa stessa via che penetrano anche le IgG all’interno del cristallino.
Ho visto anche che il processo di guarigione dell’addensamento del cristallino avviene in senso inverso alla sua progressione: dalla corticale posteriore, poi il nucleo e infine la corticale anteriore (vedi figura 7).
In tutti i Pazienti è stato verificato una progressiva riduzione dei titoli anticorpali, segno di una progressiva riduzione della disfunzione linfocitaria ed una riprogrammazione verso la normo-funzione delle stesse classi di linfociti.
Man mano che la disfunzione immunitaria regredisce vengono liberati quei processi di riparazione cellulare che erano stati “bloccati” dalla stessa azione disturbante anticorpale che aveva generato e alimentato l’aumento della densità del cristallino.
Nel corso della mia osservazione, ho potuto anche constatare che probabilmente esistono valori di densità oltre i quali il cristallino non riesce più a riparare il danno subito e ripristinare una normale densità e funzione, anche se si raggiunge una buona risposta immunitaria ad opera della strategia terapeutica attuata (cioè una riduzione dei livelli quantitativi anticorpali di immuno-mediazione). Questi valori-limite costituiscono il cosiddetto “punto di non ritorno” per il cristallino e si possono collocare in un indice di densità compreso tra 35 e 40.
Considerazioni conclusive
Con questo mio studio ho potuto dimostrare che anche nella genesi della cataratta è coinvolto il processo di immuno-mediazione: cioè che anticorpi IgG, inizialmente prodotti dai linfociti in risposta all’aggressione da parte di diversi agenti patogeni (inneschi), perdurando la loro produzione da parte di linfociti resi disfunzionali per una lunga serie di eventi che hanno alterato l’efficienza del sistema complesso PNEI, sono in grado di disturbare nel tempo la normale funzione delle cellule del cristallino e provocare il progressivo aumento della densità delle sue componenti fino alla opacità conclamata.
I risultati molto positivi raggiunti nei Pazienti (oltre il 90% tra migliorati e stabili), ottenuti seguendo il modello generativo della cataratta immuno-mediato e la conseguente strategia terapeutica di immuno-regolazione, mi consentono di poter affermare che una nuova strada si è aperta nella cura della cataratta.
Non è più solo l’intervento chirurgico l’unico e ineluttabile modo per ripristinare la visione normale negli occhi avviati verso la cataratta o con cataratta conclamata. Né si può continuare a considerare il processo di progressione della opacizzazione del cristallino inarrestabile e quindi incurabile nè tantomeno guaribile.
I dati preliminari emersi in questo mio studio, che continuo ancora a portare avanti, dimostrano invece che è possibile invertire il processo di addensamento del cristallino, che anche la cataratta può essere curata e può guarire (se non si supera il “punto di non ritorno”) e che è possibile ripristinare una buona funzione visiva senza rimuovere chirurgicamente il cristallino.
Inoltre, nella mia esperienza ho potuto notare che l’intervento chirurgico di estrazione della cataratta, eseguito senza nessun trattamento di immuno-regolazione preliminare, alterando la barriera emato-oculare consente l’ingresso all’interno del bulbo oculare di una quantità maggiore di anticorpi specifici i quali, non trovando più il cristallino su cui portare la loro azione disturbante, dirigeranno tale azione dannosa verso strutture oculari più nobili e importanti come la regione maculare della retina, innescando malattie di gran lunga più serie come le varie forme di degenerazione maculare.
Sono convinto che se l’approccio a questa diffusa patologia oculare, che ho descritto in questo mio modesto lavoro, venisse diffuso e adottato da tutti i Medici Oftalmologi, in pochi anni la chirurgia della cataratta non sarebbe più necessaria, come è accaduto per me che, pur essendo Chirurgo Oculare dal 1983, negli ultimi 5 anni non eseguo più interventi di estrazione della cataratta perché riesco, con l’aiuto di Dio nostro Padre e Creatore, che ha scelto me come strumento piccolo e indegno della Sua azione risanatrice, a guarire i Pazienti che ne sono affetti (…con perdita per me di guadagno economico…!): ma sono più contento così, perché la gioia e la gratitudine dei Pazienti che vedono meglio senza ricorrere all’operazione costituisce la migliore gratificazione professionale per ogni Medico Oculista!
(*) Dott. CEZZA Giorgio Giovanni
Medico-Chirurgo
Specialista in Oftalmologia
Fondatore e Direttore del
Day Hospital “Santa Lucia”
Maglie (Lecce)
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